L’Origine della (nostra) Specie – Evolvere o evolversi

Evolvere – Evolversi, evoluzione artificiale e Societá digitali

“ Trying to predict the future is a mug’s game. But increasingly it’s a game we all have to play because the world is changing so fast and we need to have some sort of idea of what the future’s actually going to be like because we are going to have to live there, probably next week. ”

Douglas Adams, The salmon of doubt

NASCITA

Siamo nel 1956 quando nell’istituto americano dell’ARPA (acronimo di Advanced Research Projects Agency) si comincia ad idealizzare una prima connessione tra due macchine calcolatrici, “un metodo sicuro e stabile per lo scambio di informazioni tra un computer ed un altro”: lo slogan di questa nuova tecnologia rimbomba nelle orecchie del governo degli Stati Uniti, che in piena guerra fredda sogna ad occhi aperti di poter generare una rete di piú di due macchine, magari decine, o addirittura centinaia.

Il sogno prende forma nel 1974, quando il protocollo TCP/IP (Transmission Control Protocol) fa capolino tra gli standard internazionali. Per gli Stati Uniti é il momento di lasciare affondare la vecchia ARPAnet, che in quel periodo aveva raggiunto la trentina di dispositivi connessi sul suolo americano, per dare spazio (e cospicui investimenti) alla nuova rete: INTERnet.

Internet è dunque il primo punto fondamentale dell’evoluzione tecnologica che stiamo analizzando, punto di svolta che segna la fine della macchina come individuo digitale, per dare spazio ad un primo concetto di societá.

Un altro breve salto di qualche anno ci porta al 1990, nello studio dell’ingegnere informatico Tim Berners-Lee, il creatore del primo server web. Nel suo tempo passato al centro di ricerca CERN di Ginevra, Tim si rende conto di quanto la condivisione di dati e informazioni sia ancora in gran parte affidata al caos piú totale, e decide di porre fine a questo problema non indifferente. La soluzione nasce nei panni del World Wide Web, meglio conosciuto come WWW. Quest’ultimo, accoppiato ad un programma che ne permetta l’utilizzo (browser), permette alla comunitá scientifica del CERN di condividere in modo rapido e sicuro qualsiasi tipo di informazione, basandosi sulla giá presente struttura dell’internet.

Il sogno prende forma nel 1974, quando il protocollo TCP/IP (Transmission Control Protocol) fa capolino tra gli standard internazionali. Per gli Stati Uniti é il momento di lasciare affondare la vecchia ARPAnet, che in quel periodo aveva raggiunto la trentina di dispositivi connessi sul suolo americano, per dare spazio (e cospicui investimenti) alla nuova rete: INTERnet.

Dopo 3 anni di utilizzo esclusivo all’interno delle strutture del centro di ricerca, Tim Berners-Lee decide di rilasciare il www al pubblico, senza reclamare alcun diritto d’autore, segnando il secondo punto fondamentale della nostra analisi: Internet per le masse. La semplicitá della tecnologia, che permette la visualizzazione di testi e documenti da un dispositivo con pochissime semplici operazioni, esplode in pochissimo tempo, non piú limitata solo a coloro che conoscono a fondo i computer, ma a chiunque ne abbia uno in casa. Per la prima volta i privati di tutto il mondo possono interagire con internet.

Ancora peró manca un ultimo pezzo per poter raggiungere la prima istantanea di quello che possiamo riconoscere come una forma primitiva del nostro caro internet.

L’ultimo pezzo arriva nel 1998, quando un paio di studenti universitari, Larry Page e Sergey Brin, decidono che navigare sul WWW non è abbastanza semplice, e che la soluzione al problema sia un grande sito che permetta di indicizzare tutto l’internet conosciuto, sulla base di un grado di importanza definito da piú variabili.
Questo prima grande, poi enorme sito web prende il nome di Google.

Google porta all’ultimo cambiamento necessario alla nascita del nuovo fenomeno di internet, permettendo non solo una comoda indicizzazione di tutto il web, ma anche l’opportunitá di dare un valore di importanza alle pagine definito sulla base dell’interesse da parte dell’utente.

In questo momento della storia, all’alba del nuovo millennio, Internet é finalmente pronto ad esplodere.

Socializzazione

I “social networking services” (servizi di connessione ad una rete sociale), o piú semplicemente “social network” sembrano una novitá inevitabile per la nuova struttura di internet. Dopo la diffusione delle E-Mail, giá presenti negli anni 70 nell’ARPAnet, e successivamente portate anche nell’infrastruttura di internet, e dopo la nascita e propagazione dei sistemi di instant messaging (messaggistica istantanea) il successore piú ovvio non è altro che la fusione di questi due sistemi virtuali con la realtá: I social network quindi non sono altro che la proiezione digitale delle nostre reti di amicizie e rapporti.

Un’infrastruttura simile non puó che esplodere in una societá nel picco della corsa alla tecnologizzazione. Cominciano quindi a nascere le prime piattaforme di social-networking come Hub-Culture, Cyworld o Friendster, che ora ricordiamo come la prima generazione del movimento social media, assieme all’ormai antiquato irc (Internet Relay Chat), che si limitavano ad unire gli utenti secondo i loro interessi. Con quella che possiamo vedere come una seconda generazione di social network, nella quale possiamo catalogare siti come MySpace e Linkedin, dove la parte della chat privata con gli utenti collegati (che cominciano a prendere il nome di “amici” ) va in secondo piano per per lasciare spazio ad una sezione pubblica del proprio profilo nella quale condividere informazioni personali.

Mentre il cerchio dei social media si restringe per lasciare spazio a sempre meno figure, I due colossi che rimangono in piedi piú a lungo sono Linkedin e MySpace. Mentre Linkedin sceglie di prendere una direzione piú professionale di condividere opportunitá lavorative, MySpace decide di puntare sulla pubblicitá e la libertá degli utenti, unendo sempre piú caratteristiche per rendere il sito una piattaforma dove l’utente ha infinite possibilitá, tra foto, video, blog e gruppi. Inutile dire che questa idea risulta vincente, e il sito prende il Primo posto dell’Alexa list*, superando ogni altro sito e ogni record precedente.
Ma il record comincia a traballare nel 2009, quando la libertá che gli utenti avevano sul sito comincia a diventare un peso.

Col passare del tempo, la possibilitá di caricare qualsiasi contenuto sul proprio blog personale, e la possibilitá di creare programmi e pagine nel proprio profilo, rende l’accesso a gran parte del sito un lavoro dispendioso e complesso, sia in termini di banda che in termini di potenza.

Myspace quindi finisce per perdere il suo record di sito piú visitato al mondo, lasciando il suo posto all’altro social media in quel momenta ancora in crescita: Facebook.
La rapidissima ascesa di facebook avrá un impatto sociale ed economico senza precedenti. Nel 2012 il sito tocca un picco mai immaginato arrivando al miliardo di utenti, contro il picco di 75 milioni di utenti dell’ormai morente MySpace. E senza dare segno di rallentamenti, segue la tangente fino a raggiungere quasi due miliardi di utenti (1.97 miliardi) in aprile del 2017**.

É dunque questo il periodo in cui la storia prende la sua svolta piú fondamentale. Non si parla piú di dispositivi connessi, ma di utenti. Il 25% della popolazione mondiale possiede un account sullo stesso social network e ben 3,7 miliardi di persone hanno accesso ad almeno un dispositivo per connettersi ad internet***.

Google e Facebook sono solo due esempi, che tutti conosciamo, ma questa storia ha molti piú protagonisti. Siti come Wikipedia, che ha portato informazioni dove non erano mai arrivate, come Whatsapp, che in pochi anni ha sostituito la messaggistica a pagamento con un’alternativa gratuita ed efficace, e tanti altri esempi, non solo sotto forma di servizi, ma anche di veri e propri dispositivi.

*Alexa list: lista contenente una classifica ordinata per accessi di tutti i siti piú conosciuti

**Fonte: statista.com, ranking e statistiche

***Fonte: internetworldstats.com, statistiche globali

IERI E OGGI

Di storia ne abbiamo vista abbastanza. É ora di prevedere il futuro.

Negli anni Trenta ognuno prevede il futuro in modo diverso, aderendo alla sua visione del presente, le correnti artistiche e letterarie, seppure sempre mosse ad inerzia dallo stile fantasioso di personaggi come Jules Verne, si ritrovano sempre piú spesso a non “inventare” un futuro nuovo, ma a basare le proprie previsioni sulla realtá del momento.

Trasporti incredibilmente veloci, automi capaci di ogni cosa, areoplani per ogni cittadino, abitazioni automatiche e magici dispositivi di comunicazione Sono solo parte dell’enorme quantitá di sogni e predizioni sparse per il filmato 1999: The Home Of The Future, un cortometraggio del 1967 da parte della Philco-Ford Corporation, indirizzato ad immaginare e studiare, sulla base della crescita tecnologica degli anni Sessanta in America, un’ipotetica casa del futuro, proiettata nell’anno 1999, completa di macchina per il deposito di informazioni, sistemi di apprendimento automatico, e computer capaci di tutto, dal cucinare al pulire la casa.

Eppure, per quanto incredibile e ridicolo possa sembrare, il filmato, e tanti altri documenti simili di quel periodo e successivi, hanno trovato conferma nella realtá del nuovo millennio. Acquisti istantanei sottoscritti da casa, macchine capaci di contenere informazioni sulle persone, dispositivi capaci di rendere il nostro lavoro piú semplice e ottimizzare i tempi di condivisione di documenti, tutto ha preso forma e, a volte, si é addirittura superato in creativitá.

I cambiamenti non sono improvvisi, e se potessimo tornare nel 1996, anno della incorporazione di Google, e se potessimo mostrare alle persone di quel periodo un piccolo magico dispositivo portatile, connesso a miliardi di altri dispositivi, capace di rispondere al 99% di tutte le tue domande sul mondo, ma che in cambio trasmette le informazioni personali del proprietario e la sua posizione alla polizia in modo da poterne usufruire in caso di bisogno. Un dispositivo che ti permette di comunicare con chiunque nel globo, in centinaia di modi diversi, anche se tutti monitorati da agenzie investigative vaghe e ombrose.

Potrebbero pensare ad un’evoluzione tecnologica fallita sulle orme distopiche di 1984 di George Orwell, un mondo in cui tutto è controllato e la libertá giace con la privacy ai piedi di un governo malato, oppure potrebbero vederla da un altro punto di vista, dove la tecnologia é esplosa, e ha reso questo periodo un paradiso automatizzato.

OCCHI APERTI

Di storia ne abbiamo vista abbastanza. É ora di prevedere il futuro.

La realtá peró non é altro che una visione generale, unione di questi due punti di vista differenti. Le nuove tecnologie hanno preso il volo, seguendo una magnitudo mai vista prima. I dispositivi nella rete si sono trasformati, per poter entrare meglio nelle nostre vite e nelle nostre tasche. L’esperienza e lo studio tecnico sono diventati due fattori quasi futili all’utilizzo dei dispositivi sempre piú avanzati e semplici da usare, permettendone l’espansione trattata nel primo capitolo. D’altra parte peró questa stessa espansione ha aperto nuove finestre su opportunitá di spionaggio e di studi comportamentali, a discapito della privacy e della libertá personale.

La tecnologia, una volta evoluta per adattarsi alla societá umana, ha visto la necessitá di allargarsi su orizzonti piú personali, e passare da un meccanismo generalmente funzionante per un gruppo di persone ad un sistema personalizzato per ogni singolo individuo. Questo complicato e avanzatissimo sviluppo ha visto la nascita di apparati di studio ed elaborazione di ingenti quantitá di dati, letteralmente big-data mining tools, servizi gratuiti e modellati sull’individuo, che ricevono i loro incassi sulla base dello studio di behavioural-data (dati comportamentali). Sembra palese quindi il confronto con la “Strategic Systems Datacorp” descritta nel romanzo La Finestra Rotta di Jeffery Deaver, un’agenzia puntata al mantenimento e acquisizione di dati per il suo database globale, contenente informazioni su tutti gli individui del pianeta.

E il confronto porta ad una triste ma inevitabile realtá: Strategic System Datacorp esiste e fa parte di un organismo molto simile a quello descritto nel Thriller di Deaver. Da una parte i servizi che troviamo online ci offrono protezione e sicurezza, password e verifiche a due fattori rendono la nostra vita privata al sicuro, tra servizi di mail e iscrizioni ai vari social media. D’altra parte peró, come abbiamo giá detto, queste comode tecnologie necessitano di una moneta di scambio per offrire tali servizi, la moneta piú ovvia sono le nostre informazioni, elaborate per costruire un apparato personalizzato, ed immagazzinate per poterle poi raccogliere in caso ce ne sia bisogno.

É questo “momento del bisogno” che fa pensare ad individui come Richard M. Stallman, esponente e fondatore del movimento del software libero, che sin dai primi anni ’90 combatte per la libertá del software e delle persone; uno dei suoi discorsi piú celebri si chiama “Freedom is worth the inconvenience” (la libertá vale il disagio) dove il disagio non é altro che questo scambio di dati personali dagli utenti ad una Strategic System Datacorp molto reale, che un altro informatico e attivista statunitense, Edward J. Snowden, ha avuto modo di identificare nella NSA. Nel 2012 Snowden lavorava ancora in America per la National Security agency, in uno dei reparti di massima sicurezza.

Il momento in cui la sua vita cambia radicalmente è quando nel 2013 decide, tramite una serie di incontri con giornalisti del Guardian, di rendere pubblica l’enorme quantitá di segreti relativi ai metodi poco etici dell’agenzia. Il 5 giugno del 2013 l’articolo viene pubblicato sul The Guardian. Le prime righe riportano “L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza sta, in questo momento, collezionando la cronologia telefonica di milioni di clienti di Verizon, uno dei piú grandi provider Americani, sotto un ordine segreto lanciato in Aprile.”* Non passa una settimana che la notizia (che prima vedeva come vittime solo i clienti di Verizon) si espande grazie all’ingente quantitá di informazioni fornite da Snowden, che verrá poi denunciato dal governo americano per tradimento.

La notizia, oltre suscitare scalpore, rivela come i servizi online gratuiti come Google, gli internet service provider come Telecom o Verizon e gran parte dei sistemi operativi a pagamento offrono un servizio di backdoor** al governo americano. Il mondo si divide in tre gruppi: ci sono coloro che si fidano delle linee ufficiali del governo, che sí ammettono di eseguire un certo grado di spionaggio, ma che fondano le basi della loro etica sul fatto che sia per il bene della nazione. Altri seguono i consigli di snowden, o perlomeno prendono la questione a cuore, preoccupati della distopia da 1984, o da La Finestra Rotta che sembra aver appena preso forma. Gli ultimi invece ignorano l’intera faccenda: in un mondo in cui le informazioni sono centinaia di migliaia ogni giorno, non tutti possono reperirle e analizzarle una ad una.

E forse è questo costante flusso di informazioni che ha segnato il nuovo millennio. La NSA si è limitata ad afferrare al volo il flusso e a renderlo suo, assieme a messaggi, e-mail e contatti che noi crediamo nostri solo perché non abbiamo letto i termini e le condizioni di Google.

Eppure questo flusso di informazione segna anche la parte piú luminosa e positiva di questo millennio. Se da un punto di vista la distopia di Orwell e l’incubo di Deaver sfiorano sempre di piú la realtá, da un altro punto di vista, ben piú brillante e positivo, l’informazione si apre come mai prima. Non é piú necessario acquistare libri, o leggere giornali per essere informati. La rete permette a qualsiasi individuo con un accesso ad internet di reperire quasi ogni informazione sul pianeta. E non si tratta piú della visione futuristica che poteva essere nel 2005, ma di una vera e propria esplosione della conoscenza. La nuova chiave del sapere si nasconde in un computer connesso alla rete, proprio come fantasticava la Philco-Ford nel suo filmato 1999: The Home Of The Future.

Quasi assurdamente, anche la lotta per la privacy e contro lo spionaggio porta ad un’ulteriore distribuzione di informazioni a chi non avrebbe la fortuna di poterne usufruire. Nascono progetti come Telegram, Tor, Tails, tutti mirati alla distribuzione di informazioni ma soprattutto di libertá.

Telegram è un’applicazione di messaggistica istantanea che, al contrario delle concorrenti, offre agli utenti una base sicura, criptata e privata per poter comunicare in libertá senza il rischio di essere monitorati da nessuno, il codice open source (quindi distribuito in modo che chiunque possa vederne la sorgente) permette di assicurarsi che queste particolaritá siano sempre tutelate.

Open source è anche Tails, un sistema operativo “usa e getta” compatibile con virtualmente ogni tipo di computer, caricabile su una chiavetta e utilizzabile record-free, ovvero senza lasciare alcuna traccia sia sul computer che sulla rete. Queste capacitá sono tutte acquisite grazie alla natura pesantemente criptata del sistema operativo, e grazie ad una serie di precauzioni che il dispositivo prende una volta caricato con il sistema operativo. Tor, l’ultimo dei tre esempi, è ormai da anni l’oggetto del desiderio delle agenzie di sorveglianza come la NSA, ma anche di realtá piú piccole come quella della polizia postale.

Il servizio che l’ecosistema di Tor (The Onion Router) offre è pressoché unico: una rete virtuale parallela ad internet, ma che si basa su un network di fiducia, che comunica solo con e tramite i nodi dello stesso network. La darknet di Tor, chiamata anche onion-net per evidenziare la sua struttura a strati e per differenziarla da altri tipi di darknet, è una rete mirata a proteggere la privacy, e ad offrire servizi online anche dove questi servizi non sono garantiti. Il progetto, portato avanti dalla EFF (Electronic Frontier Foundation), ha ribaltato la situazione in piú occasioni, permettendo trasferimenti di informazioni in luoghi monitorati come Nord Corea e Cina, o dando libertá di espressione a persone isolate, come successe per Snowden nei primi anni dopo lo scandalo.

Tor peró é libero da istituzioni di monitoraggio e controllo, e questo ha portato ad un utilizzo non sempre etico della piattaforma. Siti di pedopornografia e marketplace illegali di armi e droghe, seppure sempre rifiutati dalla community del network, hanno segnato l’opinione pubblica di Tor, che alimentata dagli organi di polizia lo ritrae come “il lato oscuro della rete” -Alessandro Calderoni per Il Corriere della Sera.

La grande quantitá di disinformazione (o esagerazione di informazioni comunque vere) relativa alla darknet non ha peró fermato il fenomeno sempre piú crescente di persone alla ricerca di una nuova forma di libertá d’espressione. Quella libera da ogni censura, nel bene e nel male. Libertá non solo nelle parole ma anche nei materiali, nei codici, e perché no, anche nella valuta.

É grazie a questa ricerca di libertá, che un Informatico anonimo conosciuto con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto decide di realizzare la moneta del nuovo millennio. Nel 2009, Satoshi presenta quella che sará la svolta piú rivoluzionaria nella storia dell’economia mondiale: il bitcoin.

*tradotto da: NSA collecting phone records of millions of Verizon customers daily, theGuardian.com, 16 giugno 2013

** backdoor: letteralmente “porta sul retro”,

é una parte di un software che permette un accesso remoto alla macchina sul quale é installato.

 

Il futuro ha l'oro in bocca

Lingotti su lingotti d’oro digitale.

Il Bitcoin risulta davvero uno dei punti chiave per capire l’evoluzione tecnologica nel suo aspetto piú imponente. Alla fine del 2009, Satoshi Nakamoto decide di pubblicare il suo lavoro di anni, una evoluzione pratica di un proof of concept dell’inizio degli anni 2000. Questo suo lavoro prende il nome di Bitcoin, un gioco di parole tra “Bit” (unitá di calcolo dell’informazione) e “coin” (dall’inglese: moneta). Il bitcoin (con la lettera minuscola) è la moneta che Nakamoto decide di coniare sulla base di questo nucleo pronto ad esplodere. Nucleo culla di un sistema di valuta digitale sicuro come nulla lo era stato prima.

Questo ecosistema impenetrabile prende il nome di Blockchain, dall’inglese: blocchi a catena. Per capire le funzionalitá e il potenziale di un simile meccanismo è necessario scavare un poco piú a fondo, partendo da un paio di basi fondamentali.

Con la tecnologia pre-Blockchain, una qualsiasi transazione, per esempio un acquisto, necessita di almeno tre parti. Un acquirente, un venditore, ed una terza persona o figura, che in un modo o nell’altro testimoni che la transazione sia stata o meno effettuata. Il meccanismo Blockchain ignora questa necessitá risolvendo il problema della verifica prima ancora che la transazione abbia luogo.

La Blockchain, in sintesi, non é altro che una base di dati (ovvero un contenitore di informazioni digitali) decentralizzata, e quindi estesa in piú blocchi o nodi, connessi tra loro da legami di comunicazione protetta (criptata), in una vera e propria rete indipendente. Ognuno di questi blocchi è connesso in modo da sostenere la decentralizzazione: se uno dei nodi risulta offline, tutti gli altri nodi hanno comunque accesso alla completa base di dati.

La connessione (link), tra i vari nodi è sicura e protetta in piú modi: Le informazioni inviate tra un nodo ed un altro sono criptate utilizzando un sistema di autenticazione a due fattori. Questo stesso sistema, che usa una chiave pubblica ed una privata, provvede anche all’identificazione dei nodi connessi. Infatti questo protocollo permette di utilizzare una chiave pubblica (unica e singola per ogni nodo) per crittografare un dato, che solo il possessore della relativa chiave privata (generata anch’essa unicamente assieme alla chiave pubblica) potrá permettersi di decriptare. I dati invece giá presenti sulla Blockchain vengono verificati con l’utilizzo esclusivo delle hash, siccome chiunque deve avere il diritto di poter verificare un’informazione giá presente sul database (base di dati) e non è quindi necessario verificarne l’identitá.

Con i bitcoin tutto risulta molto meno complesso. Ad esempio nell’ipotesi in cui A voglia dare 2 bitcoin a B, A avvertirá la blockchain che dei suoi 10 bitcoin, 2 andranno a B e 8 torneranno a lui. Questa doppia transazione, anche se sembra illogica rispetto ad inviare semplicemente 2 bitcoin a B, é in realtá un metodo sicuro per avere sempre presente la quantitá di bitcoin in possesso ad A. Senza dimenticare che tutto ció che viene riportato sulla Blockchain non puó piú essere rimosso in alcun modo. Quindi se B vorrá restituire due dei suoi quattro bitcoin ad A, allora dovrá a sua volta riferire alla Blockchain che 2 bitcoin sono stati trasferiti da B ad A, e altri due bitcoin da B a B. inoltre l’identitá di A o B è verificata dalle coppie di chiavi dei rispettivi, impedendo quindi qualsiasi tentativo di furto di questa.

La Blockchain quindi non solo è sicura e virtualmente impenetrabile, ma rispetta anche la privacy di coloro che non vogliono condividere i propri dati personali. Questo é possibile grazie al fatto che ogni identitá nel sistema Bitcoin è legata esclusivamente ad una sezione della blockchain, contenente la chiave pubblica del cosí definito “individuo”. Chiunque abbia accesso alla corrispettiva chiave privata è il possessore di quella specifica identitá, senza che nessuna agenzia di terze parti lo debba definire.

Anche il Bitcoin, per quanto incredibilmente innovativo, ha avuto la sua porzione di contraccolpo, sempre alimentata dal fatto che essendo un sistema di valuta autonomo non è in alcun modo tassato o monitorato dai governi. Il bitcoin infatti é spesso etichettato come la moneta delle transazioni illegali, sempre operate nei siti della darknet di cui prima.

Non c’è alcun dubbio che anche i bitcoin siano afflitti da serie disfunzioni, soprattutto in uno stadio di crescita ancora cosí primitivo. Ad esempio é palese il fatto che una lista di tutte le transazioni mai realizzate sul pianeta sia una lista in crescita continua, se non esponenziale, anche per una moneta giovane come il bitcoin. Infatti la dimensione attuale della Blockchain Bitcoin si aggira tra i 20 Gigabyte, intenzionata a crescere sempre piú in fretta, mentre i piú grandi servizi di portafogli digitali discutono sull’aumento della dimensione di un singolo blocco, ora fissa ad 1 MB*. Altre figure invece studiano un’implementazione sociale della catena, valutandone le potenzialitá ma soprattutto i rischi.

Dopo l’esplosione sociale dei social media, e i numerosi studi comportamentali legati all’utilizzo di questi ultimi, la blockchain appare sempre piú come un rischio catastrofico in una societá delicata come la nostra. Un sistema simile, dalla memoria eterna e caratterizzato dalla possibilitá virtualmente illimitata di inserire ogni tipo di informazione in un sistema monolitico mette a rischio quel costrutto sociale che giá è stato visto traballare con l’arrivo dei “like” o “mi piace”, segnali digitali di apprezzamento, che visti in una situazione in cui ogni aspetto, dal rispetto degli orari al lavoro, alla quantitá di calorie consumate, viene aggiornato e caricato su un sistema a memoria virtualmente illimitata potrebbero portare ad un’ossessione sociale senza precedenti. Inoltre al momento la gestione delle chiavi è ancora gestita soltanto da aziende private o da individui singoli, che per quanto siano protetti contro tentativi di acquisizione indebita, non hanno ancora alcun modo di legare la propria identitá anagrafica con quella all’interno della Blockchain, rendendo impossibile l’utilizzo piú efficace dell’intero sistema.

Purtroppo fino a che i governi non decideranno di abbracciare questa nuova tecnologia senza censure, molte delle potenzialitá della Blockchain rimarranno nascoste in attesa di essere liberate.

Anche se forse, persino dopo un’eventuale legalizzazione dell’infrastruttura dei bitcoin, una societá interamente pilotata dalla Blockchain è un futuro ancora troppo prossimo per cercare di prevederne le conseguenze

*al momento della lettura questi dati potrebbero risultare obsoleti, consultare en.bitcoin.it per informazioni aggiornate

Meteorite

La tecnologia peró non dà cenni di rallentamento. Passo dopo passo in una corsa contro il tempo, l’essere umano ha deciso di correre questa gara a braccetto con ció che lui stesso ha creato. L’immaginazione è solo una previsione di un futuro che non tarderá ad arrivare, sempre piú rapidamente, anno dopo anno.

E questo nuovo millennio ci porta ad un’ultima follia tecnologica, sognata dagli informatici di tutti i tempi: l’intelligenza artificiale.

Nel 1936, Alan M. Touring scrive il celebre articolo “On computable Numbers, with an application to the Entscheidungsproblem” dove per la prima volta appare una teorica macchina automatica capace di eseguire algoritmi. Quindici anni dopo Touring scrive un altro articolo, “Computing machinery and intelligence”, dove pubblica il suo celebre test di Touring: “un computer merita di essere chiamato intelligente se è capace di convincere un umano a credere che anche il computer è umano.” La prima idea di intelligenza artificiale nasce in questo “gioco d’imitazione”.

Ma é solo nei primi anni del 2000 che questa follia prende forma. Nascono le reti neurali. Dopo il boom iniziale la crescita sembra smisurata. Anche google decide di utilizzare i tunnel neurali contro i semplici algoritmi, per processare i dati in modo sempre piú efficace. Elon Musk basa sull’intelligenza artificiale una intera linea di automobili, le Tesla, capaci di guidarsi da sole. Persino Microsoft genera un’intelligenza artificiale simile a quella di Google.

Le previsioni di questo futuro di corsa possono ora essere elaborate come dati in un computer, da tunnel neurali che senza sosta macinano informazioni per crescere ed imparare. Qualcuno giá comincia a dire che è proprio l’intelligenza artificiale a rappresentare al meglio la fine dell’evoluzione umana. Verrá prima o poi il momento di passare il testimone ad un braccio robotico.

Conclusione

La vita sulla terra è destinata a cambiare, non piú per cause naturali, ma per cause piú umane di quanto possiamo immaginare. La tecnologia non è altro che il nostro modo di evolvere. Creare nuovi generi di esseri umani ad ogni generazione che passa é stata e sará la nostra specialitá. Non rimane che abbracciare il cambiamento, cercando di pilotarlo verso ció che noi crediamo meglio per tutti, fino a diventare creatori e ideatori del nostro futuro.

“Ogni giorno milioni di persone decidono di offrire ai propri smartphone un po’ di controllo in piú sulle loro vite, o di provare una nuova medicina contro la depressione. Pur di riuscire a guadagnarsi salute, felicitá o potere, gli esseri umani cambieranno una ad una tutte le proprie particolaritá, fino a che non smetteranno di essere umani.”
– Yuval Noah Harari, Homo Deus.